Sollecitata dall’osservazione quotidiana sul mio lavoro, dalle persone che si rivolgono alla naturopatia per consigli e suggerimenti, dal confronto con i colleghi e dalle domande dei miei allievi mi trovo a voler fare alcune precisazioni su cosa si intende, o piuttosto si dovrebbe intendere, quando si dice: “Vado dal naturopata”.
Se l’aspettativa è di incontrare un esperto in grado di suggerirci un rimedio naturale al posto di un farmaco cosiddetto “classico” o “ufficiale” o ancora “allopatico”, vi informo che ci si sta rivolgendo al professionista sbagliato. Nel senso che il naturopata è in grado di far questo, ma non è il suo compito, perché non è il suo scopo, non è il modo in cui “vede le cose” e quindi, in fondo, non gli interessa neppure. Certo, si serve di rimedi naturali (chiamiamoli genericamente così), ma, volendo, potrebbe anche non farvi ricorso.
Lo so che può “suonare strano”. Tuttavia, il motivo di questo disorientamento, risiede nel fatto che ancora poche persone, pur andando dal naturopata (e pare siano sempre più numerose), non sono veramente a conoscenza di cosa la naturopatia sia e di quale logica la caratterizzi.
È una pratica giovane, e anche per chi esercita questa professione penso sia interessante confrontarsi sulle sue finalità. Vorrei provare a spiegare quel che ho compreso in questi anni, anche se mi rendo conto che non sarò esaustiva e che dobbiamo fare tutti un’acrobazia intellettuale per il semplice motivo che siamo stati tutti educati a pensare e ragionare in un “certo” modo (per dirla banalmente, secondo una logica causa-effetto).
Parto da quel che scrive Daniel Kieffer (naturopata francese): “La naturopatia è dunque la filosofia, l’arte e la scienza di mantenere l’essere umano in perfetta salute, attraverso mezzi naturali”.
Sorvolo per questa volta su “filosofia” e “arte” e mi soffermo su “mantenere l’essere umano in perfetta salute”. È un concetto differente da: “intervenire sul disturbo/sintomo di un essere umano e riportare la salute”. Quindi la naturopatia non ha come scopo quello di proteggere o ripristinare uno stato e tanto meno aggiungere qualcosa che mancherebbe, bensì va alla ricerca di quel nocciolo di salute e benessere presente nell’individuo e cerca di farlo emergere (mantenerlo), lascia che si manifesti, che vada oltre gli ostacoli che ne impediscono tale manifestazione o rafforza le vie attraverso le quali questa manifestazione possa avvenire. (In effetti, non ho sorvolato su “filosofia”!).
Ma come si fa a far questo? Prima di tutto, direi che cosa non si dovrebbe fare: prendere qualcosa, purché naturale, dall’esterno (cibi, piante officinali, fiori di Bach, tecniche varie …), utilizzarlo per un po’ e poi … tutto come prima, tranne che per il fatto che, almeno per qualche tempo (forse, ma non è per niente detto), ci si sente un pochino meglio. La cosa è più articolata e profonda. Veniamo quindi a “come si fa”: si tratta di essere disponibili a prendere contatto con il proprio nucleo di salute, diventare sensibili a quali sono le abitudini di vita che ci fanno stare bene, abbandonare quelle che sappiamo che non ci giovano, fare tesoro dell’esperienza, essere disposti a introdurre dei cambiamenti e a prendersi la responsabilità di se stessi. Insomma, essere disposti a non essere più gli stessi: qualcosa è cambiato e la salute si stabilisce su nuovi equilibri virtuosi. Ne dobbiamo dedurre che se si decide di fare un percorso naturopatico, si deve essere disposti a mettersi in gioco. In fondo, lo so, è difficile, e credo che anche questo abbia a che fare con quel “certo modo” in cui ci siamo abituati a pensare. A volte mi vien da meditare sul fatto che la naturopatia è per tutti, ma che non tutti siano per la naturopatia.
In questo percorso di salute non siamo soli, è proprio qui che la figura del naturopata trova il suo collocamento: educare, chiarire, orientare e suggerire senza invadere, nel rispetto dei tempi di ognuno. In questo caso il rimedio o la pratica naturale utilizzati sono un mezzo per facilitare un percorso che si fa insieme e, a mio avviso, è solo così che la naturopatia ha buone possibilità di riuscita.
Vi consiglio di rileggere gli articoli in cui ho parlato di Salutogenesi e Antifragilità, dovrebbero dare ulteriori spunti per meditare quale via sia meglio per ciascuno.